Le donne dei patriarchi

19.11.98 Le donne dei patriarchi

La società in cui si svolge la storia di Abramo, Isacco e Giacobbe è indubbiamente di tipo patriarcale e la nota patriarcale pervade tutta la storia biblica fino al NT. Si vede per es. come la catechesi familiare di 1 Pt 3,1-7 parla delle relazioni fra Sara e Abramo. Dio è il Dio del padre 26,24; 28,13…

Tanto più interessante, all’ interno di tale cultura, sembra l’indicazione discreta ma chiara, del fatto che, nella relazione fra Adam maschile e Adam femminile, il passaggio di una perfetta parità-comunione nell’ alterità-come viene espressa dai 2 racconti creazione – a un prevalere dell’ uomo sulla donna ,venga attribuito alla negativa situazione di decadenza dovuta al primo peccato 3,16. Solo allora, infatti, l’ uomo ”dà alla sua donna un nome” diverso da quello della creazione- segno del dominio patriarcale 3,20 cfr 2,23. Con il moltiplicarsi e l’ aggravarsi dell’ economia del peccato viene segnalato un progressivo decadere delle patriarcalità in maschlismo ( = la donna come un moltiplicabile bene di possesso e di produzione dell’ uomo ) associato con il regime della violenza 4,19.23.24 6,1-4.

Un incrocio di patriarcalità e maschilismo attraverso tutta l storia Patriarcale. Abbiamo rivelato segni di ciò nelle vicende di Abramo e Sara in Egitto…

Meno evidente nella stria di Lot + figlie “intraprendenti”.

In un orizzonte di” patriarcalità maschiliste” si può leggere anche la storia di Abramo-Sara-Agar+Giacobbe con Lia – Rachele e con le loro schiave : Bila + Zilpa. cfr Dina e Sichem figlio di Camor l’ Ebreo 34;Giuda + Tamar.

Qui però come in Rut la figura femminile grandeggia. Senza Tamar e Rut non ci sarebbe David né Gesù Mt 1,3.5

Si è osservato pure quanto i testi genesiaci necessariamente sottolineino la bellezza delle donne dei patriarchi, le madri del popolo d Dio. Sara 12,11-16; Rebecca 26,7;Rachele 29,17.Indimenticabile è la finissima presentazione di Rebecca in Gn 24,15-67.

Nella storia di Dina si noterà che il verbo chashaq che esprime l’innamoramento e il legame affettivo insorto in Sichem il Figlio di Camor , nei confronti della figlia di Giacobbe, è lo stesso che più avanti verrà utilizzato per significare l legame elettivo affettivo che lega YHWA a Israele. Dice infatti Camor ai figli di Giacobbe: “Sichem, mio figlio, la sua anima si è attaccata chasheqah alla vostra figlia: dategliela dunque in moglie” 34,8 ; Dt 21,11. E Dt 7,7-8 rende ragione dell’ elezione divina di Israele, affermando : “ Il Signore si è legato a chahaq =( si è innamorato di) voi e vi ha scelti… perché il Signore vi ama” Dt 10,45. L’ innamoramento di un giovane pe una giovane è l’ analogia più appropriata per esprimere ciò che YHWH sente per Israele e lo lega a questo popolo Ger 2,1-3…fino al Cantico.

Anche per queste donne vale ciò che si è detto per i loro mariti circa la distanza tra la santità della loro elezione divina e l’insufficienza e la deficienza della loro condotta morale. Sara non ha certamente un carattere leale, docile e generoso, ma piuttosto incline alla possessività egoista e litigiosa 16,1-3.5-6; 18,9-15

La leggiadra Rebecca non brilla per imparzialità nei confronti dei suoi due gemelli 25,28, dove si dice che Isacco non è da meno 27,15-17.42-45 o per lealtà verso il proprio marito 27,5-29, o per pazienza e generosità verso le sue nuore extra-comunitarie = le mogli di Esaù 26,35; 27,46; 28,8-9.

L’affascinante Rachele non sfugge all’abito famigliare dell’accaparramento indebito e menzognero 31,30-37. Sia Rachele che Lia non sono dei modelli di pietà figliale 31,4-16.

Tutto ciò però non impedisce che, nell’economia delle scelte e dei criteri di Dio, queste donne siano elette, insieme ai loro mariti, per testimoniare la trascendenza della grazia di Dio dell’alleanza. Nel mondo di Dio trionfa la libertà. Come i patriarchi così le matriarche, rimangono libere=moralmente responsabili delle ingiustizie che commettono, e d’altra parte anche il Signore è liberissimo e responsabile dei suoi teologali criteri di elezione. Questa elezione è, come si è detto, il fondamento della loro “santità” 1Pt 3,3.

Tutte queste vicende si svolgono entro un mondo culturale in cui la fede si mescola a delle credenze magiche, come quella, per es., che l’unica benedizione paterna, una volta data, non si possa più ritirare e rimanga valida, anche se estorta con inganno 27, 33-40. Il Signore assume l’intera realtà che concerne gli uomini che egli ama e li elegge, e sa far servire anche i loro limiti culturali e persino le loro ingiustizie + peccati, alla manifestazione del suo disegno di elezione particolare in vista di una misericordia universale. Pur eleggendo, però, i figli minori, non abbandona coloro che “per il momento non sono stati eletti per primi”. Così “il Signore , vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda” prima di Rachele 29,31-35; 30,17-21 così come aveva ascoltato l’afflizione di Agar 16,7-16 e il pianto di Ismaele “là dove si trovava” 21,13-21.

La testimonianza a favore della grazia di Dio concerne queste donne in ciò che è proprio della donna: fecondità/maternità. Sara partorisce il figlio della promessa, dopo essere rimasta sterile per tutto il tempo delle sue facoltà generative e quando ormai le era cessato “ciò che viene regolarmente alle donne” 18,11.

Proprio allora il Signore sorride su di lei e la visita, e ella canta il suo Magnificat 21,1-7. Rebecca e Lia, e specialmente Rachele, non sono del tutto sterili, ma riescono a generare solo con difficoltà, e il testo biblico sottolinea che è sempre il Signore colui che presiede alla loro fecondità 25,21; 29,31-35; 30,1-24….

Questa sterilità quasi sterilità delle madri del popolo di Dio sta a significare che il popolo è, appunto, di Dio. Da una parte la storia patriarcale è scandita dai canti di una promessa di benedizione e di fecondità sconfinate nella erra di Canaan 12,1-3.7…dall’altra si può dire che i patriarchi “hanno veduto e salutato da lontano” sia la terra sia la discendenza nel senso che la porta di accesso alla benedizione è stata sempre per loro di una fede e di una speranza esercitate a partire da una mortificante povertà. Una “povertà” che non ha tanto dei riscontri sociologici e ancor meno è frutto di ascetismo morale (agiatezza economica dei patriarchi) ma deriva dalla dimensione teologale della fede. Credere è camminare sulle acque, fidandosi unicamente della parola del Signore che ci ha detto “Vieni!” Mt 14,28-31

In modo particolare, il motivo delle madri sterili che Dio rende feconde ha continuato a scandire certi momenti cruciali della storia della salvezza del popolo di Dio come per la nascita dei Giudici. Sansone 13 e Samuele 1Sam 1; Gv Battista fino alla maternità di Maria Vergine, umanamente desolata (tapeinos) di Mjriam di Nazaret Mt 1,16.18-25; Lc 1,26-38…Sarà quest’ultima una fecondità che trascende quella delle madri sterili precedenti. Tanto quanto il figlio di Mjriam trascenderà i giudici e i profeti che lo hanno preceduto Eb 1,1-4 . Il Signore dell’alleanza ama farsi conoscere come il “Dio dell’impossibile”. Non si sostituisce all’uomo in ciò che da sé questi può e deve fare. Quando però, l’uomo è giunto all’ultima stazione delle sue possibilità, allora Dio ama incominciare Gn18,14, citato da Gabriele nell’annuncio a Mjriam: Lc 1,36…e Mt

La Bibbia non si stanca di esaltare una impotenza sul piano della natura e della carne quale luogo privilegiato della potenza salvifica di Dio, che vuole guarire l’uomo da ogni pretesa peccaminosa di autosufficienza e liberamente condurlo per grazia alla fede che tutto può 2Cor12,7-10.

Nell’economia di creazione il favore e l’intervento provvidente di Dio viene riconosciuto e celebrato nella prosperità, nell’efficienza e nella sovrabbondanza di figli e di beni, che per es. arricchiscono la casa della donna perfetta e virtuosa che teme il Signore, personificazione della sapienza Pr 31,10-31. Qui l’essere può sembrare, fino a un certo punto, verificato e garantito dal basso, dall’avere.

Il Signore dell’alleanza e della salvezza storica, però “Sostiene l’orfano e la vedova” Es 22,21-23…

Pur essendo il Dio di tutti si fa, per libera preferenza il Dio degli eunuchi, delle donne abbandonate: nubili, sterili, stranieri, prigionieri diseredati Sal; Sap 3,13-15

Una preferenziale misericordia del Signore per le sterili, frustrate, vergognose e umiliate, è cantata dalla “canzone di Maria” Lc 1,46 riprende Anna 1Sal 2,1-10 ; Is29,19, nel contesto di quel festival vero e proprio della “canzone evangelica” che è costituito dal vangelo lucano dell’infanzia Lc1,46…

Qui l’essere appare veramente garantito dal non avere e persino dal non essere! Perché chi si vanta si vanti nel Signore 1 Cor 1,26-31 ….Tutta la ricchezza realissima del credente biblico è un altro da lui: il Signore.

L’interpersonalità propria della fede in Dio comporta un totale vuoto di sé e sovrabbondante pieno di lui.