Esistenza umana come pellegrinaggio – 22 ottobre 1998

22.10.1998

Il tema dell’esistenza umana come pellegrinaggio – ma in virtù della fede – è presente in Paolo, per il quale “abitare nel corpo” come credenti-camminiamo infatti nella fede e non nella visione-è per noi un “peregrinare distanti dal corpo” è un “andare ad abitare vicino al Signore”, la qual cosa è certo preferibile. Si …bene, però, che “desiderare di peregrinare lontano dal corpo” non ha nulla in comune col ….. ellenistico che “desidera esserne spogliati”. Al contrario, la fede ci spinge ad “anelare di esserne supervestiti nella risurrezione, perchè speriamo che il nostro corpo mortale venga assorbito e superato dal nostro corpo ”celeste”, come è avvenuto a Gesù 2Cor 5,1-10.

I termini patriarcali del pellegrinaggio e quelli della diaspora sono ripresi e trasferiti nella catechesi apostolica NT a designare la condizione delle Chiese e xtiani sparsi nel mondo, presenti alla città terrestre, senza altra patria terrena dove fare ritorno (e quindi non come visitatori, turisti o cittadini di paesi stranieri terreni) ma come forestieri ed emigranti in transito nell’intera faccia della terra. Così Gr scrive alle 12 tribù della diaspora !!: Pt scrive a coloro che l’elezione divina rende forestieri della diaspora nel Ponto, nella Galazia, Cappadocia… 1 Pt 1,1 e li istruisce sul modo di condurre la propria esistenza nomade 1 Pt 1,17 Gr 1Pt 1,13-2-10. Il binomio patriarcale viene assunto a significare la condotta morale bella dei xtiani stranieri e pellegrini in mezzo alle nazioni pagane e alla loro condotta carnale 1 Pt 2,13-14….

L’ultima lettura della condizione peregrinante del popolo di Dio viene offerta da Ebr dove tutta la storia biblica, anzi tutta la storia umana, viene reinterpretata come storia dell’umanità credente e, che, per la fede corre in mezzo a un mondo iniquo e ostile. Tale umanità fa capo già ad Abele, a Enoch e a Mosè Eb 11,4-5. Sono però specialmente i patriarchi di Israele- Ab-Is Gi- stranieri pellegrini, coloro che vengono ampiamente celebrati quale radice santa dell’Israele credente Eb 11,8-21. Vengono poi Giuseppe, Mosè, Giosuè Roat, Gedeone ,Barak, Sansone, Jefte, Davide, Samuele, i prof. e un gran numero (nugolo) di testimoni ,giudici, re, martiri, i quali x la fede “trovarono forza dalla loro debolezza “; un intero popolo di uomini e donne che attraversando e superando ostilità, lotte e prove terribili, vagarono “ per deserti, sui monti , tra le caverne e le spelonche della terra”. Di essi il mondo non era degno 11,22-40; …2,49-70. Gesù è il capofila + compimento della fede (ho  —-) di questa innumerevole umanità, che è in cammino- e anzi corre-nella fede, e che, attraverso la passione e la croce viene assunta alla destra del trono di Dio Eb 12,1-2 Ap 3,21

Si scoprì qui l’ultimo fondamento, il segreto del pellegrinaggio del popolo di Dio: non la condizione sociologica nomadica, ne’ l’umana fragilià’ esistenziale, ma la fede, quella biblica, che l’unica via x la quale gli uomini possono diventare graditi a Dio e ottenere la salvezza Eb 11,6.

Tra la via della vita attraverso la giustizia della creazione Gn 1-2 e la via della morte, aperta dal peccato Gn 31,11-9; Dt 30,15-20, Dio propone la via della redenzione della salvezza della prima creazione mediante la fede quale unica direttrice, su cui, fin dalle origini, cammina attraverso la storia un popolo di uomini/donne, che credono che i secoli del mondo sono fondati sulla parola di Dio Eb 11,7. A questo popolo di testimoni ciascuno è inviato ad aggiungersi At 2,41-47;5,14 tenendo fisso lo sguardo su Gesù, senza mai perdersi d’animo Eb 12,3. “ I capi dei popoli si sono raccolti con il popolo del Dio di Abramo Sal 47,10 e b.

L’ultima tappa del pellegrinaggio è segnalata dalla lettera agli Eb. che parla a quei gentili i quali appunto, obbedendo con la fede all’evangelo della verità ( = il Figlio) e dello Spirito, si sono lasciati aggiungere dal Padre a coloro che per primi avevano creduto in Xto 1,11-14,18-19. Per la fede essi che erano pagani per nascita e incirconcisi, senza Messia, esclusi dalla cittadinanza di Israele, estranei ai fatti della promessa senza speranza e atei nel mondo, da lontani che erano sono diventati ora vicini, grazie al sangue di xto. In lui ogni mezzo di separazione è stato abbattuto e lo Shalom messianico è stato in principio realizzato riconciliando per mezzo della croce, sia i lontani = gentili sia i vicini =gli israeliti 2,11-17.Il testo conclude con forti formule trinitarie: per mezzo del Messia possiamo presentarci gli uni agli altri = israeliti /gentili, al Padre di un solo Spirito. Eb. 2,18-22. Giunti a questa meta-alla Chiesa di Dio nella sua dimensione ultima e sostanziale res sacramenti- il peregrinare dei nomadi della fede ha termine.

  1. 3 tappe del Pellegrinaggio patriarcale.

Rappresentando la risposta salvifica di Dio all’inquinamento diluviale delle 3 dimensioni della creazione, causata dalla triplice malizia del peccato-contro Dio, contro l’uomo/donna, contro la terra-, anche il cammino fam patriarcale originaria è scandito da tre tappe o momenti strutturali:

  1. La partenza e il cammino peregrinante del Padre, Abramo, celebra la fede come principio del ristabilimento della verità della creazione nel rapporto dell’umanità con Dio 12,1-25,11. La storia di Abramo è la risposta di Dio al primo peccato di Adam (……).

  2. La riconciliazione fraterna fra i due figli, con la loro differente vocazione e il loro diverso destino: Isacco (=il Signore sorride, il figlio promessa, l’eletto), e Ismaele (=il Signore ascolta il figlio della carne: l’altro , a cui partecipare e con cui condividere la benedizione) 16,1-25,18; e soprattutto Giacobbe (=colui che tallona e sorpassa/ ed Esau’ (=mantello di pelo rossiccio) 25,19-50,14.

Viene stabilita la verità della creazione nel rapporto dell’uomo con il fratello. L’altro però secondo la creazione di Dio, è prima di tutto la donna per l’uomo e l’uomo per la donna: comunione paritaria nell’accoglienza della rispettiva differenza. E’ la risposta di Dio al secondo peccato, quello di Caino. La fede deve diventare …. aprendosi il cammino tra ostacoli molteplici Rom 5,1-5; 2 Pt,1,5-7.

  1. L’interpretazione giusta della Terra, del mondo e della storia a opera del fratello sapiente, Giuseppe, salva l’intera famiglia umana 37,2-50,26. L’uomo umile e mite ……., che teme il Signore e spera solo in lui, erediterà la terra, perchè sa, dall’alto, come vivere in essa e come condividerla con tutti gli altri Mt 5,5. La fede, reintrodotta, nel suo rapporto con la terra, riconduce l’uomo alla verità di creazione del suo essere nel mondo, e, perciò alla sapienza. E’ la risposta al terzo peccato, quello dei costruttori della torre di Babele. La sapienza della gestione dei beni del mondo è possibile in chi mette tutta la sua speranza nell’unico bene: Dio. Alla fine del libro della Gn ci è dato di contemplare uno spettacolo di pace universale. Colui che si affida al Signore, e si lascia docilmente condurre dal suo timore – fede, ritrova la originale bontà della creazione e ne restaura l’ordine primitivo. Per la mediazione di Giuseppe, il figlio di Giacobbe-Israele, l’unico uomo giusto, eletto fra i suoi fratelli-il quale venduto per gelosia è stato assunto dagli inferi della cisterna del deserto 37,24+prigione egiziana 39,20 fino alla destra del re, capo dei popoli 41,40-44 Sal 105,20;- l’umanità è salvata dalla fame e trova benedizione e pace. Immediatamente intorno a lui ci sono i suoi fratelli, i patriarchi di Israele. E intorno alle 12 fam. di Israele, popolo di Dio, ci sono le nazioni del mondo l’Egitto e tutti i paesi vicini 41,53-57: una visione di comunismo universale. Un cristiano non può l’Egitto e tutti i paesi vicini 41,53-57 : una visone di comunismo universale. Un cristiano non può non leggere questo libro come profezia dell’escatologia NT 1 Cor 15,20-28 un primo abbozzo del disegno salvifico dell’umanità intera, riunita dallo spirito intorno al F. unico del Padre in Gerusalemme, città della pace.

Come avvenne per i 3 peccati, poi anche la redenzione dei 3 rapporti si rivela interdipendente: cominciando da uno di loro raggiunge dinamicamente anche gli altri 2. Dalla sua fede in Dio Abramo viene proporzionalmente rieducato e riorientato anche nei confronti della sua discendenza e della terra promessagli. Nel suo rapporto con il fratello, sia Isacco che Giacobbe vengono toccati nella loro relazione con Dio e con il paese della promessa. Nella sua liturgia economica ed ecumenica, Giuseppe esercita al sommo grado il timore di Dio e l’amore filiale e fraterno.

2/1 Il Padre, Abramo II,26-25,14

Per fede noi riceviamo la parola di Dio scritta, attraverso la coscienza di Israele credente che ha composto e canonizzato la Scrittura. Al di la’ di tutti i riferimenti e la questioni storico-critiche, perciò, e senza poter entrare ora nel ricchissimo mare della tradizione ebraica orale, ci limitiamo qui a delineare chi sia l’ Abramo della tradizione canonica della Bibbia di Israele, sia in ebraico che in greco.

Abbiamo già notato che Sap.10,5 introduce la storia di Abramo quale replica della salvifica sapienza divina alla malvagità della discendenza di Caino, e alla confusione generale dell’umanità esplosa con la costruzione di Babele.

Come si è visto di Abramo si celebrava specialmente la giustizia e la fortezza nella prova dell’obbedienza, superata con la prontezza a …..Isacco, il figlio unico e amato.

La stessa cosa, a poca distanza di tempo, viene menzionata in Ebr. II,17-19, ma la fede pasquale dell’autore cristiano gli fa leggere nell’obbedienza di Abramo una fede anticipata nel Dio che risuscita i morti.

Più esteso e ricco è l’elogio di Abramo in Sir. 44,19-21.

Si tratta di una fede ecumenica “Abramo= Avraham non è solo l’antenato di Israele, ma pure di una moltitudine di popoli 17,4-5. La sua discendenza è stata moltiplicata come la polvere della terra e innalzata come gli astri. Ad essi Dio ha promesso in eredità la terra-dono, in cui aveva già condotto il loro padre. Prima che la Torah venisse data a Israele per mezzo di Mosè, Abramo già la custodì, obbedendo al Signore ed entrando nella sua alleanza sigillata con il sacramento della circoncisione. Il culmine dell’obbedienza, Abramo lo ha vissuto nella prova richiestagli di sacrificare il figlio della promessa. Tutto questo ha fatto di lui un tramite della benedizione divina per tutti i popoli fin dai primordi della sua chiamata 12,2-3.

A queste tradizioni dell’AT bisognerebbe almeno: Rom 4: Gal 3.6-29 e Ge 2,21-24. Sia Paolo che Ge celebrano la fede di Abramo che precede ma richiede le opere di effettiva carità in cui essa si esprime e si compie Gal 3,6 —- 1,5… Solo in tale carità si fa tutta la verità Ef 4,15.

2.I.I La fede del padre.

Quel che supremamente importa nella fede di Abramo biblico è che tutte le sue opere e il suo vivere è circondato dalla fede, di cui è il “cavaliere” (Kierkagaard). E’ questa la lezione teologica e spirituale più importante di tutta la storia patriarcale: la fede precede e muove alle opere: credere, in quanto dimensione dell’essere, ispira e specifica il fare. Mettere in opera i costumi=mores, modi umani di agire=una morale, interamente giusti richiederà tutto il tempo, di cui la coscienza umana ha bisogno per maturare progressivamente. Credere compiutamente, invece è un affidarsi dell’uomo all’Altro-il Signore Dio- immediatamente richiesto dal Signore ed è possibile all’uomo e alla donna, anche prima di diventare morali e religiosi. Come l’origine di ogni peccato proviene da non prendere sul serio la parola di Dio, così la salvezza comincerà con un’obbedienza assoluta a quella parola. La fede è virtù teologale, infusa in noi da Dio; le virtu’ morali, invece sono acquisite. Nella loro fede, prima di tutto, e non nella loro vita morale-spesso ancora imperfette e zoppicanti, condizionate dai costumi del tempo+ambiente-consiste la realissima santità dei patriarchi biblici, e anche di tutto Israele e Chiesa. Con buona parte dell’antropoligismo + antropocentrismo teologico di tutti i tempi, la vera svolta salvifica per gli esseri umani comincia da Dio. Ne’ potrebbe essere altrimenti: se la salvezza è vera salvezza essa non può cominciare dal salvato, bensì dal Salvatore.

In Abramo l’uomo è rialzato in piedi dalla chiamata di Dio e rimesso in cammino dalla sua Parola=Verbo che lo sollecita a seguirlo. La storia patriarcale ci insegna che la prima santità dell’uomo non è quella morale dell’esercizio delle virtu’, ma quella giustizia teologale, che gli proviene da Dio quale conseguenza di un’elezione singolarissima all’amicizia con lui e all’appartenenza a lui solo che gli si rivela come “il suo Signore” JHWH una condizione relazionale interpersonale, che la Bibbia chiama berit = alleanza 15.18.

Mediante la fede, il credente prende sommamente sul serio la personalità di Dio. Questi diventa veramente qu con cui si è in dialogo e in una relazione interpersonale sacrale, una volta iniziata, non può cessare più. Per il credente Dio ha una consistenza tutta sua, unica, e ben più reale e concreta della propria e di qualche altro essere. Dio gli ha dato del tu ed egli risponde col tu.

Ci possono essere uomini che si dicono “atei, agnostici e non credenti”, e che pure siano esemplari…

rigore morale…dedizione a certi valori… amano definirsi laici…. idea laica del sacro…(laico?!). Non credenti non religiosi! “santi senza Dio” Camus. Segni di immenso rispetto. Bisogna avere il coraggio di dire che il credente, che ha la fede di Abramo e di Gesù è una persona totalmente diversa, anche se, ben volentieri può aprirsi ad dialogo fruttuoso. Ma molto prima di essere morale e piuttosto di essere “religioso”, è un innamorato del Signore. Può essere peccatore come —- pubblicano come in Lc, ma è con tutta lealtà e verità appoggiato (shiu) al suo Signore, sul Santo di Israele e non su se stesso Is 10,20. La sua condizione non sta sulla propria coerenza e dirittura d’animo, ma nel desiderio di contemplare il volto del suo Signore e la sua gloria Eb 33,18-23.