Caino e Abele – 8 ottobre 1998

08.10.1998

Caino non sopporta l’alterità del fratello che la Bibbia giustamente, e con grande profondità teologica, attribuisce al modo differente con cui il Signore Dio ama Abele 4,4-5 e Caino. Il Signore ama anche Caino, e lo consola con la sua parola contro lo scoraggiamento e la tentazione fratricida 4,6-7. L’invidia per la diversità del fratello, in realtà, manifesta in Caino un rifiuto di se stesso. Tale rifiuto, però ,è , finalmente, un rifiuto del Signore Dio il quale ha pensato, amato e creato l’altro come altro da me. Rigettare l’altro è rigettare il modo con cui il Creatore distribuisce il suo pensiero e il suo amore nella creazione. La differenza dell’amore di Dio per ciascuno dei due fratelli è la ragione stessa della sua, e, quindi della loro esistenza e reciproca diversità . Come potrebbe esistere una cosa, o conservarsi nella sua singolarità, se Dio non l’amasse di un amore singolarissimo? Sap 11,24-17-2. Amare tutte le cose (creature) equivarrebbe a ridurle tutte a una sola e medesima.

Anche in questo caso, alla tentazione 4,5L-7 e alla caduta 4,8 di Caino, fa seguito la punizione immanente del peccato: la voce del sangue di Abele grida al Signore dalla Terra 4,10L Ebr 11,4d. C’è poi l’intervento di Dio che questa conseguenza viene a sanzionare, rivelandone la malizia. Il fratricidio dunque ha sconvolto anche il rapporto di caino con Dio e con la terra 4,9-14. Un gesto redentore e salvifico del Signore conclude la vicenda 4,15-16.

Il peccato del disprezzo dell’altro continua e prolifica nella discendenza di Caino: la donna comincia ad essere considerata come un oggetto di proprietà e uno strumento di produzione di discendenza e di lavoro 4,19; Es 20,17L; Dt 5,21; si instaura un regime di violenza di illimitata vendetta 4,23-24.

Le nascite di Set e Enos, però, proiettano un raggio di speranza nella creazione di Dio devastata dal peccato.

La terza sorgente del peccato: lavoro umano/progresso tecnico

Asserviti orgoglio prometeico dell’umanità che pretende di autopromuoversi autorealizzarsi Gn 11,1-9

La costruzione della Torre di Babele introduce sulla terra e nelle cose della terra un disordine violentemente imposto dalla superbia umana. Gli uomini decidono di “darsi un nome” 11,4 invece di riceverlo dal Creatore 5,1-2; 1,26-27; 2,18-25; Mt 1,21,23,25. Per realizzare questa impresa titanica i costruttori della Torre pretendono di utilizzare i beni della terra fino alle più recenti invenzioni della tecnica umana: i mattoni cotti al fuoco e il bitume 11,3-4.

Questo terzo peccato costituisce un tradimento , da parte dell’uomo, della missione affidatagli da Dio, di “permeare il mondo di significato“, “dando un nome” alle creature al di sotto di lui 2,19-20=interpretando la verità della creazione cominciata da Dio e, con il suo lavoro e con il dominio responsabile sulle cose-in obbedienza al creatore-facendola evolvere e conducendola fino alla rivelazione di tutti i suoi segreti, delle sue possibilità e dei suoi significati, a gloria e lode del Signore 1,28-29; 2,15-17.

Il peccato dei costruttori della torre consiste nella pretesa laicista e atea di usare la terra e le sue potenzialità prescindendo dal piano di Dio-che appare ignorato- e persino contro il Signore, pretendendo stoltamente di farsi come lui 3,4; Is 14,3 Babilonia; Ez 28,1-19; Ap 13,1-8.

Babele è il luogo della menzogna e della “confusione”, l’opposto della separazione creatrice tra Dio e il Creato 1,3,6-7, come Sodoma e Gomorra e l’Egitto Dt 29,21-28; Ger 50,33-40; Ap 11,8; un segno del regresso caotico della creazione TOV come il diluvio Gn 6,1-8,22. E’ questo il peccato collettivo dell’umanià’, quello che sottomette la creazione alla caducità spogliandola del suo vero senso datole dal Creatore, e presumendo di attribuirle e di caricarla di un altro senso, falso, costruito dalla mente dell’uomo e artefatto dalle sue mani. Per questo la creazione geme e soffre, come per doglie di parto, in attesa di essere liberata dalla corruzione per divenire l’ambiente in cui si riveli la gloria degli uomini diventati figli di Dio nel Figlio. Questi infatti, e solo lui è l’Uomo che sa vivere nel mondo in verità’. Egli è la Verità Gv 4,23-24.

I 5 tempi della catechesi biblica sul peccato sono riconoscibili anche in 11,1-9 dove la menzogna dell’autonomia umana dal Signore e dal nome che egli le ha dato produce, inoltre, tra gli uomini, una confusione di linguaggio – e dunque di interpretazione delle cose e di se stessi – che potrà essere guarita solamente dallo Spirito dell’ultima Pentecoste At 1,4-5,8; 2,1-13.

Non si da’ un peccato insomma, che sia solo peccato contro Dio o contro l’uomo o contro le cose. Da qualunque parte incominci, la menzogna si estende a tutta la struttura umana, il cui centro unificatore è appunto la coscienza menzognera del soggetto peccatore che interpreta falsamente se stesso.

Il diluvio: proliferazione dinamica del peccato e inquinamento globale del Creato 6,1-9,17

Il triplice modello di peccato come in – giustizia nei confronti del creato buono/bello di Dio, è arricchito, in Gn 5,3-32 dalla lista dei patriarchi prediluviani, l’età dei quali decresce anche nella discendenza buona di Set: Adamo muore a 930 anni; Set a 912; Enos a 905; Lamech a 777…Abramo a 175 25,7; Isacco a 180 35,28; Giacobbe a 147 47,28; Giuseppe a 110 50,26. Si giunge così, più o meno, all’età delle generazioni che hanno fissato le tradizioni bibliche.

Il decrescere e regredire della vita umana, però, viene attribuito dalla Bibbia alla prolificazione dinamica del peccato 6,3. Peccando l’umanità si autodistrugge; una conferma del fatto che la “pena-punizione” del peccato viene sul peccator, non direttamente da Dio ma dal peccato stesso.

Nella lista dei patriarchi prediluviani si presterà attenzione al caso singolare di Enoch 5,18-27, figlio di

Jared=discesa 962 anni, e padre di Matusalemme 969, “settimo dopo Adamo” da Gd 14. Tra il padre e il figlio (i più longevi della serie) Enoch vive una vita eccezionalmente breve 365 anni, ma piena come il numero dei giorni anno solare. Bisogna considerare, poi, che la vita di un padre continua in quella del primogenito. Enoch “cammina con Dio” (vv 22.24 Halakah = condursi /e a lui gradito, non conobbe la morte, perchè Dio “lo prese” (in alto lo assunse) come poi sarà Elia 2 Re 2,11-12; come già Set ed Enos 4,25-26 e Noè 5,29; Enoch è un altro segno di speranza all’interno umanità decaduta, sotto la maledizione Sir 44,16; Gb 11,5.

A lui si riferisce probabilmente Lc con la sua teologia dell’ “Assunzione” (analempsis) di Gesù il Messia in cammino (poremomemis), il F. assunto dal Padre da Yefaret a Gerusalemme e al cielo Lc 9,51; At 1,9. 10-11

Anche Dio quando termina di parlare con l’uomo “si congeda da lui salendo in alto Gn 17,22; 35,13 Gdc 13,20.

Dentro alla prolificazione universale del peccato e delle sue conseguenze – che giunge a diventare un regno ed un’economia globale (Gesù parlerà di “impero delle tenebre” Lc 22,53 – viene dedicato, in Gn 6,1-9,17 l’intero ciclo di racconti sul diluvio.

Il tema del diluvio appartiene ad una ricca e varia eredità della storia, della leggenda, letteratura, miti Medio Orientale, e l’ispirazione divina delle Scritture bibliche, con l’inserzione di questo ciclo narrativo nella Torah di Israele, ne ha fatto un cap. dell’insegnamento teologico sull’origine dell’inquinamento del creato sulla sua prolificazione dilagante e sul conseguente regresso del mondo da cosmo terrestre a caos acquatico e fangoso (cfr 1,1 dal caos al cosmo…)

Meglio che il solo racconto di Gn 3, il grande ciclo del diluvio converrebbe forse per illustrare biblicamente l’insegnamento dogmatico cattolico sul “peccato originale”.

Anche nel ciclo diluviale del peccato umano, che rischia di sommergere il mondo, è possibile rintracciare i 5 tempi dell’insegnamento biblico

  • Tentazione e caduta a (e) b

  • La vera punizione c d e

AB : Tentazione e caduta 6,1-6, 11-12. I figli di dio e le figlie degli uomini infrangono la separazione naturale stabilita dal Creatore tra i livelli del creato: qui una specie di empia magia mescola l’umano e il divino, nella tentazione arrogante di strumentalizzare il divino e farlo servire a produrre un gigantismo immanentistico e autonomo delle creature che pretendono di fare a meno del Creatore e dell’ordine stabilito. Cfr “ i giganti…gli eroi dell’antichità, uomini famosi 6,7; “alti di statura, esperti nella guerra” Bar 3,26, che, ribelli a causa della loro forza Sir 16,7 perirono per la loro insipienza Bar 3,27-28.

CDE : La vera punizione del sacrilegio è in atto, da tempo, nella confusione morale, nel montare della malvagità e della perversione che la magia empia e sacrilega ha prodotto, fino al culmine, in tutte le coscienze e nella condotta universale degli uomini, prima ancora che il Signore intervenga Gn 6,5.11-12.

Tale diluvio morale, infatti, non viene da Dio, ma al contrario a lui si impone, fino a farlo “pentire”, di aver creato l’uomo. Lo straripamento del diluvio morale anche nell’ordine fisico, nel diluvio d’acqua, è una conseguenza inevitabile, un fenomeno ecologico quasi “sacramentale” di esplosione ambientale, di cui anche ai nostri giorni non mancano degli esempi impressionanti nell’inquinamento…epidemia AIDS…

La narrazione biblica è su questo punto molto efficace altamente poetica e drammatica, più di ogni manuale catechistico. A una prima lettura sembra che, di fronte alla corruzione universale, Dio si comporti come uno schizofrenico esagitato. Pentito di aver fatto l’uomo, che si è rivelato un autentico “guastatore” della sua creazione 6,6 egli progetterebbe di sterminare tutti i viventi 6,7 .13.17; 7,4. Non cede, però, a questa tentazione, e “inventa” Noè 6,8: “non si trova grazia al cospetto del Signore” senza che sia egli il primo a creare qu che gli piaccia come in Lc 1,30; Gn 18,16-33; Is 52,13-53; Ger 5,1; Mt 1,21.

Con Noè il Signore progetta pure la sua Arca, dove intende conservare in vita tutte le specie viventi appartenenti alla prima creazione: non solo le 7 paia di animali mondi, ma pure un paio di animali non mondi 6,13-7,3.

Lungi però da essere uno scontato discorso schizofrenico, quello di Dio corrisponde al terzo, quarto e quinto momento dello schema del peccato, rivelato in Gen 3. E’ chiaro, infatti, che tra quella di distruggere l’umanità con il diluvio d’acqua e quella di salvare tutte le specie viventi, benedette dal Creatore-compresi uomini e donne-la volontà vera del Signore è quella di salvare tutti da una distruzione che, dunque, si impone a lui stesso, come ineludibile conseguenza del diluvio morale, di cui gli uomini-e non Dio-portano tutta la responsabilità. III punto

Il discorso di Dio rivela, infatti, la connessione necessaria fra i due diluvi, e sanziona ii fatti già prodottisi e quelli che stanno per prodursi. IV punto

L’ultima mossa di Dio poi è una trovata di salvezza: Noè e la sua arca. V punto

Noè è l’uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei che, come Enoch “cammina con Dio” 6,9 (gli unici di cui la Bibbia dica questo!). Di lui si ripete infatti il ritornello:” Noè eseguì tutto, come Dio gli aveva comandato così fece” 6,22 cfr 7,5.9.16; 8,18. L’obbedienza di Noè risalta tra l’altro, nel fatto che, mentre fa tutto come Dio gli ha comandato, è il Signore che chiude la porta dell’arca dietro di lui 7,16.

La tradizione ebraica moltiplica gli elogi di Noè Sir 44,17-18. Al peccato di Caino che sommerse la terra, la sapienza divina rispose “salvandola pilotando il giusto e per mezzo di un semplice legno” Sap 10,4. Anche il NT celebra Noè quale “erede della giustizia secondo la fede” Eb 11,7 e quale banditore di giustizia 2 Pt 2,5.

E’ naturale che già i primi cristiani abbiano letto Noè e la sua arca come profezia di Gesù e della sua Chiesa cfr alcune catacombe romane.

Noè è l’uomo di “alleanze eterne”. Con lui simbolo rappresentante dell’intera umanità post-diluviana, si introduce un secondo movimento nella sinfonia della creazione, quello dell’alleanza e del suo segno-sacramento, l’arcobaleno 8,15-9,17. Con essa all’analogia originaria della creazione come “generazione” subentra la figura del patto tra adulti 2,16-17, con tutte le sue possibili connotazioni interpersonali che la storia andrà rivelando progressivamente. Dio è ormai l’eterno alleato dell’uomo e della terra: ubriacature sulle possibilità dell’umanità, apparentemente illimitate, invece di diffondere un senso di sicurezza, vanno spargendo fra noi paura e terrore, al pensiero che l’uomo sia capace di distruggere il mondo la creazione è di Dio. Certo lo schema presente del mondo (“questo” mondo) passerà (1 Cor 7,31), ma non l’universo fatto da Dio. L’ultimo arcobaleno-sacramento dell’alleanza eterna di Dio con la terra è il corpo glorioso e risorto dell’ultimo Noè: Gesù Messia Rom 6,4-5; 1 Cor 15,20-24