Il concetto di rivelazione

Il concetto di rivelazione

Abr. J. Heschel

L’uomo con la Torà.

Non siamo + gli stessi dal giorno in cui la voce di Dio ci ha sopraffatto nel Sinai. Ci è sempre impossibile ritornare a un’epoca anteriore all’evento. E’ accaduto qc senza precedenti: Dio ci ha rivelato il suo nome, e noi abbiamo appreso il nome di Lui. Dt. 28,10.

In ebraico vi sono 2 parole che significano ebreo: Yehudi le cui prime (3) lettere sono le prime del Nome Ineffabile e Israel, la cui finale el, in ebraico significa Dio.

Se le altre religioni possono essere definite come un rapporto fra l’uomo e Dio, l’ebraismo può essere definito come un rapporto fra l’uomo con la Torà e Dio. L’ebreo non è mai solo di fronte a Dio: la Torà è sempre con lui. Un ebreo senza Torà non ha seguito lo sviluppo del suo popolo.

La Torà non è la sapienza, ma il destino di Israele; non la nostra letteratura, ma la nostra essenza. Si dice che essa non è venuta alla luce per via di speculazione ma attraverso profezia e rivelazione.

E’ facile dire profezia e rivelazione, ma ci rendiamo conto di quello che diciamo? Comprendiamo che significa? Alludiamo a una certezza o a una fantasia, a un’idea o a un fatto, a un mito o a un mistero quando parliamo di profezia o di rivelazione? E’ mai accaduto che Dio abbia rivelato la sua volontà ad alcuni uomini per il bene di tutti?

Perché studiare il problema.

Non è la curiosità storica che suscita il nostro interesse per il problema della rivelazione. Fosse solo uno dei tanti eventi del passato che hanno lasciato una qualche impronta nel successivo corso della civiltà, la rivelazione non attrarrebbe l’attenzione dell’intelletto moderno + della batt. Di Maratona o del congresso di Vienna. Se essa ci interessa, ciò non è dovuto all’impressione che ha lasciato nel passato, ma al fatto che si tratta di qc che può avere o non avere un’importanza perenne, che non viene mai meno. Nell’affrontare questo discorso, non evochiamo l’ombra di un fenomeno arcaico, ma cerchiamo di domandarci se bisogna credere che vi è una voce nel mondo che ci implora nel nome di Dio.

Pertanto non si tratta solo di un problema personale, ma di un problema che interessa la storia dell’uomo dall’inizio dei tempi fino alla fine dei giorni. Nessuno che abbia, almeno una volta in vita sua, sentito la gravità della storia umana o la serietà dell’esistenza individuale può permettersi di ignorare il problema. Bisogna decidersi, bisogna scegliere per il sì e il no.

Abbiamo dimenticato l’interrogativo.

Il + grave ostacolo che gli uomini moderni incontrano, quando si accingono a discutere della rivelazione, non nasce dal fatto che essi dubitano che i resoconti dei profeti intorno alle loro esperienze non siano completi e autentici. Una difesa critica (anche se fosse possibile) non avrebbe molta importanza. Il problema + grave è l’assenza del problema. Perché una risposta abbia significato è necessario che vi sia la consapevolezza della domanda, ma il clima in cui viviamo oggi non è congeniale a che continuino a svilupparsi interrogativi che hanno stimolato sec. di studio. La Bibbia è una risposta all’interrogativo supremo: che cosa richiede Dio da parte nostra? Ma l’interrogativo è uscito dal mondo. Dio viene rappresentato come qc di indistinto, che si nasconde dietro un velo di enigmi, e la sua voce è diventata estranea alla nostra mente, al nostro cuore. Abbiamo imparato a prestare ascolto a ogni “io”, tranne che all’io del Signore .

L’uomo del nostro tempo può dichiarare orgogliosamente: nessuna cosa animale mi è aliena, ma ogni cosa divina lo è. Questa è la condizione della Bibbia nella vita moderna: essa è una risposta sublime, ma noi non conosciamo + la domanda. Se non troviamo la domanda, non vi è speranza di comprendere la Bibbia.

Il dogma dell’autosufficienza dell’uomo.

Il rifiuto della Riv. Ai nostri giorni è scaturito da 2 concezioni del mondo diametralmente opposte:

a) l’uomo è troppo grande per aver bisogno della guida divina.

b) è troppo piccolo per esserne degno.

La prima concezione deriva dalle scienze sociali

La seconda concezione deriva dalle scienze naturali.

Dall’epoca dei deisti, ci si è valsi dell’auto sufficienza umana per mettere in dubbio la credenza nella Riv. La certezza nella capacità dell’uomo di trovare la pace, la perfezione e il significato dell’esistenza ha trovato crescente importanza con l’avanzare della tecnologia. Il destino dell’uomo, così dicevano, dipende solo dallo sviluppo della sua consapevolezza sociale e dallo sfruttamento delle sue capacità. Corso della storia = costante progresso di cooperazione, armonia di interessi. L’uomo è troppo buono per aver bisogno di una guida soprannaturale.

Autosuff. – esagerata consapevolezza di sé si basava su di una generalizzazione: poiché la tecnologia poteva risolvere alcuni problemi se ne deduceva che potesse risolvere tutti. Le riforme sociali avrebbero curato tutti i mali e fatti scomparire. Ma alla fine abbiamo compreso ciò che i profeti e i santi hanno sempre saputo: il pane e la potenza, da soli, non salveranno l’umanità. Vi è una passione e un’inclinazione alla crudeltà, che solo il timore di Dio possono reprimere; vi è nell’uomo un egoismo soffocante, a cui solo la santità può dare respiro.

Ogni dogma fondato sull’autosuff. Umana è destinato a fallire.

La nostra comprensione dell’uomo ha subito profonde trasformazioni. Il problema è + grave di quanto potessimo pensare una generazione fa. Ciò che intuivamo nei peggiori momenti di apprensione è diventato un’utopia, in confronto di ciò che è accaduto ai nostri giorni. La ragione può essere perversa, la scienza non è garanzia di sicurezza.

E la libertà? Non vi è libertà senza santità.

L’idea dell’indegnità dell’uomo.

Progresso nelle scienze naturali: l’uomo trascurabilmente piccolo in rapporto all’universo e quanto sono vani i suoi tentativi di stabilire un sistema di valori universalmente valido.

In tale spirito di umiltà, l’uomo moderno trova assurdo supporre che lo spirito infinito scenda a comunicare con la mente debole e limitata dell’uomo; che l’uomo possa essere un orecchio per Dio.

Il concetto di assoluto è così lontano dalla sua comprensione che l’uomo è, nel migliore dei casi, sconcertato di fronte alle affermazioni dei profeti. Con il suo relativismo morale, con la mente condizionata dalle circostanze e costretta ad aggrapparsi al frammentario, lui che continuamente fallisce nei suoi tentativi nello stabilire un sistema di idee di portata universale, come può immaginare che l’uomo è mai stato capace di comprendere l’assoluto?

E’ inoltre difficile che l’intelletto riesca a credere che un membro della specie che può organizzare o anche solo assistere all’assassinio di milioni di uomini senza provarne rimorso, possa essere dotato della capacità di ricevere un pensiero da Dio. Se l’uomo può rimanere sensibile all’orrore dello sterminio di milioni di uomini, donne e bambini; se egli può macchiarsi di sangue e considerarsi + giusto degli altri, distorcere ciò che gli dice la coscienza, fare sapone con la pelle umana, come possiamo pensare che egli che egli è degno di essere avvicinato e guidato da un Dio infinito?

E’ necessario un mutamento della concezione del posto e del ruolo dell’uomo nello schema divino. Se questo nostro mondo non è una sciocchezza agli occhi di Dio, se il Creatore si interessa alla creazione, allora l’uomo – che ha la capacità di produrre cultura, ma anche crimine, ma che può essere un agente della giustizia divina – è abbastanza importante da poter ricevere la luce spirituale nelle rare aurore della sua storia.

Almeno che la storia non sia un capriccio senza senso, vi deve essere qc che si oppone all’immenso potere che l’uomo ha di distruggere, vi deve essere una voce che dica no all’uomo, una voce che non sia indistinta, debole, interiore, come gli scrupoli di coscienza, ma che abbia una forza spirituale corrispondente al potere di distruzione dell’uomo.

Questa voce parla allo spirito degli uomini profetici nei singoli momenti della loro vita e grida alle masse attraverso gli orrori della storia. I profeti rispondono, le masse disperano.

La Bibbia, parlando in nome di un essere che insieme unisce equità e onnipotenza, è un incessante grido di No all’umanità. Mentre noi applaudiamo i trionfi della civiltà, la B. si scaglia come un coltello, sferzando la nostra compiacenza, ricordandoci che anche Dio ha una voce nella storia.

La distanza fra l’uomo e Dio.

Il rifiuto della Riv.: concezione di Dio – dimora a una assoluta distanza dall’uomo. Come parlare di comunicazione?

Paziente e sottomesso è il mondo della natura, ma anche ostinatamente silenzioso. Noi ne adoriamo la ricchezza e con lentezza ne decifriamo i segni, ma essa non ci parla mai. O aspettiamo forse che le stelle ci comprendano o che il mare sia persuaso?

La comunicazione è un atto che dipende da così tante condizioni intricate e complesse che non si riesce nemmeno a concepire l’idea che la natura si rivolga all’uomo. Ciò presuppone non solo che essa sia dotata di un’anima, ma che l’uomo abbia la capacità mentale di comprendere i suoi particolari segni di comunicazione.

La rivendicazione profetica del Dio che parla, è contraria alla ragione? La stessa struttura della materia è resa possibile dal modo in cui l’infinito si cristallizza nel minuscolo. Il flusso di energia racchiuso nel sole si incanala in uno stelo d’erba. Perché escludere a priori che Dio è penetrato nella mente umana.

Vi è una tale distanza fra un fiore e il sole! Può un fiore così infinitamente distante dalla fonte di energia, avere una percezione della sua origine? E una goccia d’acqua può librarsi in aria per contemplare, anche per un solo istante, la lontana sorgente del fiume?

Nella profezia è come se il fiore comunicasse con il fiore, come se la fonte emettesse una corrente per raggiungere la goccia.

Cfr interazione fra somatico e psichico. Difficile descrivere come avviene questa interazione. Ma allora per il fatto che la Riv. È indescrivibile, siamo fonte giustificati nel rifiutare a priori come non vera l’affermazione dei profeti, che in certe ore storia d’Israele, il divino è venuto a contatto di alcuni spiriti eletti?

Che la sorgente creatrice del nostro io si è rivolta all’uomo?

Se vi sono momenti in cui il genio parla per tutti gli uomini, perché dovremo negare che vi sono momenti in cui una voce parla per Dio?

E’ vero: a noi sembra incredibile di poter avere sotto gli occhi delle parole che contengono il soffio di Dio. Ma dimentichiamo che in questo momento stiamo respirando ciò che è creato da dio, che proprio di fronte a noi abbiamo delle opere che riflettono la sua infinita saggezza, la sua infinita bontà.

Il dogma dell’assoluto silenzio di Dio.

Per molti il non conoscere Dio è un abisso, su cui corre voce di un essere supremo, di cui si sa solo che è un’immensa, inconscia massa di mistero. E’ in questa prospettiva conoscitiva che le affermazioni dei profeti sembrano assurde.

Esaminiamola. Attribuendo estrema misteriosità all’essere supremo, noi affermiamo di conoscerlo. Allora l’essere supremo non è un Dio ignoto, ma un Dio noto. In altre parole: un Dio che noi conosciamo ma che a sua volta non conosce, il grande Non Conoscitore. Proclamiamo l’ignoranza di Dio e insieme la nostra conoscenza del fatto che è ignorante.

Sembra un retaggio dell’eredità pagana: diciamo che l’Ente supremo è un assoluto mistero, e pur avendo accettato il Dio della Creazione, continuiamo a supporre che colui che ha il potere di creare il mondo non è capace di esprimere una parola.

Ma perché dovremmo supporre che Dio è sempre imprigionato nel silenzio. Perché dovremmo escludere a priori che l’ente assoluto ha il potere di espressione? Se il mondo è opera di Dio, non è forse concepibile che vi sarebbero stati nella sua opera i segni della sua espressione?

Noi continuiamo a proclamare il dogma dell’assoluto silenzio di Dio e agiamo come se Dio non avesse mai parlato e come se avesse fatto l’uomo troppo sordo per sentire. Ma talvolta, alcuni di noi rabbrividiscono: questo dogma non è forse un terribile insulto?

Effettivamente la pretesa dei profeti è sconcertante, quasi incredibile. Ma per noi che viviamo in questo mondo terribilmente bello, il profondo silenzio di Dio è incomparabilmente + sconcertante e assolutamente incredibile.